martedì 20 marzo 2012

"Zuppe ai calamaretti o alle seppiette", da un libro degli anni '30


Il post di oggi, tanto per autodarmi il bentornato sulle mie pagine dopo gli impegni pastorali, è decisamente atipico: innanzitutto posto una ricetta mai fatta, quindi niente foto di piatti in esecuzione né tanto meno pronti; la lingua in cui la ricetta è trascritta è la lingua originale in cui fu scritta nel 1931. Perché, e questa è l'ultima particolarità del post, questa ricetta proviene da un bellissimo libro di cucina, editato per la prima volta proprio nel 1931 a Genova, scritto da un padre dell'Ordine dei frati Minini (conoscete san Francesco di Paola, loro fondatore?), p. Gaspare Dellepiane e che resta ancora oggi un gioiello della letteratura culinaria, intitolato "Cucina di strettissimo magro, senza carne, uova e latticini". Il padre Delle Piane, visto il regime alimentare, cosiddetto "magro", che prevedeva per la quaresima e altri periodi dell'anno l'astensione totale dalla carne e dai derivati, riprende un libro del 1880, lo amplia e stampa. Nel 2004, per la "Il golfo reprint", questo libro è stato rieditato in una bella edizione anastatica che conserva quindi anche l'originale fascino tipografico; una seconda ristampa è seguita nel 2007.
Un mio collega di studi frate Minimo, fra Taras Yeher, sapendo la mia passione culinaria, me lo ha regalato, ed io lo presento a voi, fondendo il forte tempo liturgico di quaresima con una fantasia culinaria che aggira, almeno a tavola, l'ostacolo!
Ciò che più mi affascina di questo libro, è la ricchezza, in ogni senso, degli ingredienti. Le sue ricette parlano di terra e di mare liguri, che come avrete capito in altri post io amo, oggi come allora duri di lavoro, ma capaci di ripagare chi si fida di loro con slanci di generosità nei prodotti, nei colori e nei profumi. Ricchezza nella qualità: si passa dai mille prodotti della terra, come piselli, ceci, fave, lattughe e spinaci, ai gioielli del mare, telline, arselle, calamari... Ed è sul mare che si aprono molte sorprese: quello che oggi troverebbe posto in un raffinato menù costosissimo, sembra fosse abituale su tavole di poveri frati; prodotti ormai rari sulle nostre coste, come le aragoste (ecco apparire nell'indice "Arigusta fritta alla salsa", o costosi nella immaginario collettivo, come le ostriche (proposte in mille maniere, anche in semplici minestre) o il caviale, proposto in frittata. E poi ci sono delle ricette che oggi farebbero rabbrividire qualsiasi ecologista, ma che all'epoca sembravano essere abituali, e quindi con la materia prima facilmente reperibile. Appaiono fra i piatti del libro (senza dover per forza dare un giudizio di merito!) ": "Frittata alle uova di tartaruga", "Umido di tartaruga di terra", "Musciame di delfino", "Sanguinacci di tartaruga di mare".
Io, non cadendo nella trappola del giudizio, rimango affascinato da tutto questo, che ripeto, sa comunque parlarmi di tempi andati. Le ricette sono moltissime, un indice davvero invidiabile. E' diviso in 28, anzi XXVIII capitoli, che raggruppano le ricette per tipo; tra i più particolari ci sono: i ripieni, praticamente per ogni cosa; un intero capitolo su guarnizioni, di patate, di carciofi, di ravanelli, di "uovoli"...; "abbrustolati"; budini, ma non dolci: alle polpette di pesce, di caviale, di lumache, di arselle con piselli freschi... Ci sono poi dolci, liquori, conserve... Insomma, tutta la sapienza naturale che solo un ordine religioso di tradizione secolare, dedito alla coltivazione, magari alla pesca, riesce a conservare e a tramandare.
Io vi posto una ricetta di zuppa forse tra le più "banali", ma forse per questo realizzabile. La posto, come detto, copiando esattamente formula e linguaggio del libro. Vediamola:


Dosi per sei porzioni.

Calamaretti o seppiette - gram. 350
Cipolla - 1
Aglio - spicchi 2
Sedano e prezzemolo - mazzettino 1
Pomidoro - 5
Pignoli - gram. 40
Olio - cucchiai 5
Acqua e sale quanto basta.


Mettete delle seppiette o dei calamaretti purgati dal nero, ben lavati, e poi sgocciolati, in casseruola con olio, sale, aglio, cipolla, sedano, carota, e funghi secchi rammollati, il tutto tritato. Lasciateli soffriggere con questi addobbi per sette o otto minuti; indi aggiungetevi dei pomidoro dipellati e purgati dai semi, non che dei pignoli pestati, e stemperati in un po' di acqua fresca; e quella quantità di acqua bollente che, vi abbisogna. Quando siano arrivati a perfetta cottura versateli nella zuppiera sopra i crostini fritti o abbrustolati, e serviteli in tavola.


Questa è solo una di 476 ricette che parlano di mare, di terra, ma sopratutto dell'ingegno dell'uomo. Io cercherò di prepararla, ma non so se aggiungerò comunque le foto, o lascerò questa patina del tempo al post. Non vorrei che scoprissimo che i pomodori dipellati oggi possono trovarsi in barattolo, o che a quei tempi persino i crostini erano "abbrustolati" meglio che oggi. Quindi, sopratutto se vi affascinerà come affascina me, aprirò di nuovo questo libro e vi trascriverò qualche altra chicca (poco importa se, come in questo caso, gli ingredienti della lista sono meno di quelli effettivamente usati!).
Mai come ora, dovete farmi sapere cosa ne pensate! E come dice l'autore dell'edizione originale ottocentesca: 

«finalmente stante la coscienziosa sincerità colla quale abbiamo esposto i moduli di ciascun piatto, ognuno può essere certo, che quanto viene prescritto in essi, non è già il parto di capricciosa fantasia, ma di una lunga esperienza dovuta all’esercizio dell’arte».

14 commenti:

  1. Ciao, è bello rileggerti con un post del genere. Anche io amo la riscoperta di certi testi che attengono alle mie passioni. Tempo fa trovai (e comprai) un libro degli anni ’30 (Il ricettario delle famiglie di Jean D’Albret) che mi appare come un tesoro, si lascia leggere con un fascino che va molto al di là delle semplici ricette. Bella dunque la tua recensione… poi, critica a parte, ci sta tutto l’aver trovato ricette che rimandano alle tartarughe. Pare che siano arrivate in Italia proprio come “alimenti” introdotti da frati di rientro dalle missioni. Bah, non lo diciamo però a Greta e Romeo (le mie rughine :)

    Tiziana

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    1. Vedi? Gira gira sempre colpa (o merito) dei frati! Figurati che io ne avevo 12 di tartarughe! Comunque è come dici tu: è un fascino che prescinde e trascende. Grazie!

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  2. Bellissimo e interessantissimo post!! Io però proverei a farla questa zuppa che davvero deve essere ottima!!! ;)

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  3. Davvero????un libro degli anni 30???????Fantasticooooo e poi io adoro alla follia i frutti di mare, crostacei e tutte le meraviglie che il mare ci dona (se solo lo rispettassimo di più, tutti!!!!)Non vedo l'ora di vedere anche altre ricette di questo librooooo!Golosa come sono, lo ammetto...vorrei un dolce:-)E poi insomma..bisogna pur (ri)scoprire il passato per apprezzare il futuro ;-)A presto e buona serata!!!

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  4. E dolce sarà. D'altronde copiare una ricetta è l'unica maniera per me per presentare un dolce: non sono capace!!!

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  5. bentornato con questo bellissimo post! anche a me piace andare alla scoperta di antiche ricette...che se pur con ingredienti semplici, risultano poi dei piatti straordinari di sapore!
    questa zuppa di calamari...sarà pure banale, ma per me che mangerei solo pesce...sarà di una bontà unica!

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    1. Grazie Donaflor, quando sto incasinato con impegni pastorali mi manca il blog e mi mancano i fornelli!

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  6. Mi sa che questa ricettina deve essere proprio buona ti aggiungo nel mio blog per seguirti meglio.

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  7. Ho scoperto questo blog, molto interessante, attraverso la segnalazione di un'amica, d'ora in poi ti seguirò molto volentieri.

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    1. Grazie Milù, e grazie alla tua amica! Benvenuta su queste pagine irregolari. Se ti piacciono aiutami a diffonderle.

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  8. Che belle queste ricette antiche che riscaldano anche l'anima oltre il palato.... Complimenti....

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    1. Grazie Rita! Se ti piace segui il blog, mi trovi anche su Fb e su Twitter.

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  9. Le ricette di altri tempi ci ricollegano alle tradizioni, alle usanze di una volta. Certo, i tempi cambiano, ed in effetti uccidere le tartarughe, che tra l'altro adoro come le rane mi riesce impossibile. Comunque codesta ricetat è dvvero interessante. Bravo e grazie per aver riproprosto un piatto delle nostre radici.

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